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Stefano Bergagnin (Direttore Area tecnica di Pass srl e membro del GdL Sicurezza del CNI) insieme all’Ing. Gaetano Fede, Consigliere del CNI, hanno approfondito il tema delle tutele del lavoro agile e delle caratteristiche del lavoro a distanza in un documento pubblicato recentemente dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI): “Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working”.
Ovviamente l’argomento diventa ulteriormente interessante da trattare nella fase post pandemia. I lock-down hanno favorito la diffusione di queste modalità di lavoro, che continueranno ad essere utilizzate da parte delle imprese, ma sono ancora numerosi i dubbi in merito alla corretta applicazione, in particolare in merito ai rapporti di lavoro azienda-lavoratori e all’applicazione delle necessarie misure di sicurezza.

A Stefano Bergagnin in particolare abbiamo rivolto alcune domande per approfondire.

Nonostante lo smart working sia un tema attualissimo e la Legge n. 81/2017 anche, la sua impostazione risulta “vecchia”. Quali sono a tuo avviso gli aspetti su cui il legislatore dovrebbe intervenire per rendere la norma più efficace?

La norma riprende il principio risalente al primo recepimento con il D.Lgs. 626/94 della direttiva quadro europea sulla sicurezza, la 89/391/CEE, che prevedeva che buona parte della responsabilità sulla valutazione dei rischi fosse a carico del “datore di lavoro”.
In merito al lavoro agile ci ritroviamo nelle medesime condizioni, pur consapevoli che l’approccio , proprio per ragioni pratiche deve essere differente.
Infatti come può un datore di lavoro, anche se con il supporto dell’RSPP, verificare una completa ed approfondita valutazione dei rischi per il lavoratore che opera dalla propria abitazione? Le attuali normative sulla privacy non consentono ai datori di lavoro o a loro mandatari come gli RSPP o ASPP di visitare le abitazioni dei dipendenti.

Inoltre, non è senza dubbio sufficiente l’informativa di cui parla la Legge 81/2017; non è possibile effettuare una buona valutazione dei rischi basandosi semplicemente su un’informativa annuale come prevede la nostra norma. All’estero, in alcuni casi, la collaborazione del lavoratore stesso, tramite la trasmissione di dati specifici utili alla redazione del documento in merito alla valutazione dei rischi, è obbligatoria.
Sempre di più va tenuto in considerazione che, non essendo più il posto di lavoro per molti esclusivamente la sede aziendale, occorre acquisire consapevolezza e collaborare per il bene comune, in primis del lavoratore.

Cosa aspettarsi quindi?

In primo luogo che la normativa sia aggiornata ai tempi nostri e venga fornito un approfondimento, da parte del legislatore, in tal senso. Nel frattempo noi del GdL e dello specifico GTT sullo smart working continueremo a monitorare e studiare l’evoluzione tecnologica legata al lavoro agile e la gestione dei rischi ad esso collegati.
Sarebbe sufficiente prendere spunto dalle linee guida e dalle normative straniere, come ad esempio le checklist dell’Osha britannica che il lavoratore anglosassone condivide con la propria azienda per valutare i rischi nella propria abitazione e che personalmente ho tradotto e declinato sulle nostre caratteristiche normative per alcuni nostri clienti importanti.”

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