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Con l’innalzamento progressivo delle temperature medie dovuto ai cambiamenti climatici, aumenta il rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare nei settori che prevedono attività all’aperto (con esposizione diretta alla radiazione solare) e in ambienti chiusi non adeguatamente climatizzati. Le Linee di indirizzo pubblicate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (n. 25/69/CR6bis/C7, anno 2025), intitolate “Linee di indirizzo per la protezione dei lavoratori dal calore e dalla radiazione solare”, affrontano in modo sistematico questo tema, proponendo un percorso integrato di prevenzione, valutazione e gestione del rischio termico e dell’esposizione solare.
Il documento, che costituisce ulteriore conferma della obbligatorietà di un aggiornamento del documento di valutazione dei rischi per ogni società o impresa in merito a tale tipologia di rischio, è coerente con le disposizioni del D. Lgs. 81/08, in particolare con:

  • l’articolo 28, che impone al Datore di Lavoro l’obbligo di valutare tutti i rischi, compresi quelli legati al microclima e alla radiazione solare;
  • l’allegato IV, che definisce i requisiti degli ambienti di lavoro;
  • l’articolo 180 del Titolo VIII, che include il microclima tra gli agenti fisici di rischio.

Le Linee Guida si applicano a tutti i settori in cui sia presente un rischio legato all’esposizione a temperature elevate o alla radiazione solare. In particolare, il rischio derivante dalla radiazione solare riguarda esclusivamente gli ambienti esterni (outdoor), come ad esempio i cantieri edili e i cantieri allestiti per eventi.

Il rischio da calore, invece, può interessare anche ambienti interni (indoor) che non siano adeguatamente isolati o climatizzati.

Un’ulteriore distinzione rilevante, indicata dalle Linee Guida e collegata alle citate definizioni di ambienti indoor e outdoor, riguarda la differenza tra ambienti vincolati e non vincolati. Negli spazi chiusi in cui non vi siano ostacoli tecnici alla climatizzazione (come negozi, uffici o scuole), è obbligatorio garantire il comfort termico in conformità agli standard normativi. Al contrario, negli ambienti esterni, dove non è possibile modificare le condizioni climatiche, è fondamentale adottare misure organizzative e gestionali per limitare l’esposizione.

Le linee di indirizzo chiariscono che l’esposizione al calore e alla radiazione solare non costituisce solo un disagio, bensì un vero e proprio rischio professionale, al pari di quelli chimici o meccanici. Pertanto, il Datore di Lavoro è tenuto a valutarne l’impatto, individuare misure preventive e protettive, informare e formare i lavoratori, aggiornare periodicamente la valutazione dei rischi ed eventualmente attivare la sorveglianza sanitaria, la quale deve tener conto delle condizioni individuali dei lavoratori, con particolare attenzione ai soggetti maggiormente vulnerabili. Questo aspetto risulta particolarmente rilevante per i lavoratori con condizioni di salute già note, come chi soffre di patologie croniche o chi è sottoposto a terapie farmacologiche.

Le condizioni che favoriscono l’insorgenza di patologie da calore sono molteplici, tra le più impattanti: alte temperature, elevata umidità relativa, scarsa ventilazione, attività fisica intensa, utilizzo di indumenti pesanti, idratazione insufficiente, alimentazione inadeguata e mancanza di un periodo di acclimatamento.

Conseguenti alle cause citate, l’esposizione solare diretta può causare effetti avversi sia a breve termine (es. eritemi cutanei, infiammazioni oculari come la fotocongiuntivite e la fotocheratite) che a lungo termine (danni cutanei permanenti). In tale contesto, il primo soccorso riveste un ruolo cruciale: il personale deve essere formato per gestire correttamente i malori correlati al caldo, e i presidi d’emergenza devono essere integrati con strumenti adeguati come sali minerali, acqua, ghiaccio e mantelline isotermiche.

Le Linee Guida descrivono in dettaglio anche i comportamenti da adottare in caso di insorgenza delle principali patologie da calore. Per il colpo di calore – la condizione clinica più severa – è previsto il seguente protocollo di emergenza:

  • Chiamare immediatamente il 112 (numero unico europeo) o il118;
  • Spostare il lavoratore in un’area fresca e ombreggiata fino all’arrivo dei soccorsi;
  • Rimuovere quanti più indumenti possibile;
  • Bagnare il lavoratore con acqua fresca (soprattutto su testa, collo e viso);
  • Favorire la ventilazione per accelerare il raffreddamento corporeo.

A supporto della valutazione preliminare del microclima, il documento mette a disposizione una check-list operativa elaborata dal Coordinamento Tecnico delle Regioni. Questa è accompagnata da una scheda tecnica che illustra in modo dettagliato i diversi fattori di rischio — come la temperatura dell’aria, la temperatura radiante, l’umidità e altri parametri significativi — fornendo per ciascuno una descrizione specifica e una sezione dedicata a indicarne la presenza o l’assenza nel contesto analizzato. Qualora, nell’ultima colonna, anche una sola delle risposte risulti affermativa (“SÌ”), si rende necessaria una valutazione approfondita, volta a ridurre e gestire le criticità emerse, attraverso l’adozione di idonee misure di tutela.

Come ulteriore strumento di sostegno alla valutazione del rischio correlato al calore, il documento suggerisce l’utilizzo di indici di rischio termico per identificare situazioni critiche: Heat Index (HI), Wet Bulb Globe Temperature (WBGT), e il più avanzato Predicted Heat Strain (PHS), che tiene conto di parametri ambientali, intensità dello sforzo fisico e tipo di abbigliamento.

In relazione alle misure preventive raccomandate figurano:

  • la rimodulazione degli orari di lavoro per evitare le ore più calde;
  • la rotazione degli incarichi tra i lavoratori;
  • pause frequenti in aree climatizzate o ombreggiate;
  • l’impiego di abbigliamento leggero, traspirante e di colore chiaro;
  • un’adeguata idratazione e alimentazione;
  • una formazione continua, eventualmente anche multilingue, che includa il riconoscimento precoce dei sintomi del colpo di calore e le relative manovre di emergenza.

Infine il documento dedica una sezione specifica ai comparti lavorativi più esposti, ovvero agricoltura, edilizia e logistica. Per ciascuno, sono disponibili schede di autovalutazione da compilare a cura del Datore di Lavoro o del RSPP, composte da domande a risposta binaria (SÌ/NO), suddivise in tre macroaree:

  • Assetto e strutture di prevenzione;
  • Sorveglianza sanitaria;
  • Valutazione del rischio.

Nel comparto agricolo, il rischio è amplificato dalla stagionalità delle attività, dall’elevata mobilità del personale e dalla frequente assenza di infrastrutture fisse per il riposo e l’idratazione. La sorveglianza sanitaria è confermato che va estesa ai lavoratori stagionali e a tempo determinato.
Nel settore edile, contraddistinto da attività fisicamente gravose spesso svolte su impalcature o in quota, è fondamentale integrare la valutazione del rischio da calore nei Piani Operativi di Sicurezza (POS) e nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC). Le misure preventive includono la modifica degli orari lavorativi, l’installazione di sistemi di ombreggiatura, la fornitura di acqua refrigerata e l’impiego di appositi D.P.I.

Il documento fornisce un elenco non esaustivo di lavorazioni edili potenzialmente esposte:

  • Montaggio, smontaggio e trasformazione di ponteggi;
  • Costruzione o rifacimento tetti, lavori di lattoneria e installazione di pannelli fotovoltaici;
  • Bonifica, rimozione e smaltimento amianto;
  • Lavori stradali;
  • Rifacimento della segnaletica orizzontale e verticale;
  • Lavorazioni edili o di ingegneria civile indicate nell’Allegato X del D. Lgs. 81/08.

Infine, nel comparto logistico, il rischio da calore si manifesta sia all’esterno che all’interno. I magazzini, spesso sprovvisti di sistemi di climatizzazione, possono raggiungere temperature elevate, aggravate dalla movimentazione dei carichi e dalla presenza di mezzi in movimento. Inoltre, il passaggio repentino da ambienti caldi a celle frigorifere o locali raffreddati può causare sbalzi termici dannosi. È necessaria un’accurata analisi del rischio, predisponendo misure tecniche e organizzative adeguate, provvedendo ad aggiornare la DVR.

In conclusione, le linee di indirizzo elaborate dalla Conferenza delle Regioni rappresentano un importante strumento, in un contesto di cambiamento climatico che rende sempre più attuale il rischio termico. Tale rischio, spesso sottovalutato, richiede un approccio sistemico, dinamico e consapevole, con un’attenta valutazione e l’adozione di misure concrete, integrate e condivise. Solo attraverso l’azione combinata di formazione, organizzazione, tecnologia e sorveglianza sanitaria si può garantire un ambiente di lavoro sicuro e resiliente per tutti i lavoratori, indipendentemente dal comparto di appartenenza.

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